Nel tardo pomeriggio di martedì è andato in onda il primo “Webinar Fermana”, un approfondimento tecnico e non solo voluto dalla società canarina tra gli atleti della prima squadra e quelli del settore giovanile. La prima videoconferenza ha visto il capitano Marco Comotto rispondere online alle domande dei colleghi di reparto, i difensori, delle formazioni giovanili dalla Berretti fino all’Under 14 Pro. Tante le domande che hanno interessato i ragazzi, i quali hanno voluto approfondire aspetti tecnici ma anche umani con il capitano di lungo corso dei gialloblù. Ecco alcuni passi del confronto con la squadra.

Preferisci la difesa a quattro o la difesa a tre?
“Diciamo che negli ultimi anni si sta sempre più utilizzando la difesa a tre che secondo me per certi aspetti ha meccanismi anche più difficili. La considero molto divertente comunque da fare e se messa bene in pratica garantisce maggiore copertura. Quale preferisco? Da vecchietto diciamo che meglio a tre perché c’è da correre meno soprattutto come riferimento centrale”.

Da capitano, come si risolleva la squadra nei momenti difficili della stagione?
“Finita ogni gara vedi teste basse ma importante è rialzarsi. Nel calcio la fortuna è che ogni tre giorni o una settimana al massimo c’è una nuova gara che ti permette di ripartire da zero. Un match fatto bene permette anche di cancella un periodo negativo. I compagni di squadra vano aiutati a pensare sempre positivo, ragionando che nessuna gara ti può rovinare un campionato”.

Quale è stata la gara più difficile di questa stagione?
“Quest’anno il girone di andata è stato il più complicato. Diciamo anche che il livello si è alzato tanto e abbiamo avuto grosse difficoltà. Dico che a Bolzano all’andata è stato complicatissimo ma eravamo veramente fuori partita. Arrivavano da tutte le parti e non sapevi dove mettere le mani”.

Quando preferisci difendere a zona e quando è importante prendere l’uomo?
“Dipende molto dalle caratteristiche dell’avversario. Un attaccante più statico con la marcatura a uomo lo tieni meglio. Con la zona zona riesci a tenere i più veloci anche con l’aiuto dei compagni grazie alle scalate, alle letture delle situazioni e alle scalate”.

Cosa hai provato al debutto con la maglia della Fermana?
“Dovevo arrivare l’anno prima ma con la Recanatese nel mercato invernale non è stato trovato accordo. A Fermo ho trovato una piazza bella e calda, anche l’anno della vittoria quasi 4-5mila persone nelle gare decisive: emozioni incredibili. Al debutto ero molto felice di entrare in questo progetto Fermana e gli anni successivi sono stati veramente belli”.

Quale è il tuo punto debole e quale il tuo punto di forza?
“Soffro i piccoli e rapidi è normale vista la struttura fisica. Dal punto di vista fisico riesco a tenere meglio i duelli con attaccanti strutturati e di posizione”.

Cosa deve fare un leader e un capitano nello spogliatoio?
“Innanzitutto renderti conto che è bello giocare nella Fermana ed è motivo di orgoglio ma questo ruolo porta maggiori responsabilità. Devi vedere e risolvere i problemi, per essere un buon capitano devi pensare al gruppo anche andando contro i tuoi interessi. Sempre aiutare gli altri in ogni modo, trovando la soluzione migliore. Poi l’esperienza ti porta ad avere le soluzioni per le varie situazioni”.

Quale è stata la gara più bella da quando sei a Fermo?
“La partita della vittoria del campionato, per me era il primo campionato vinto dopo i playoff a Montegranaro. La gara è stata una passerella bellissima ma la festa e la serata sono state spettacolari, vissute a braccetto con i tifosi”.

Quali sono gli attaccanti che ti hanno fatto penare maggiormente in questi anni?
“Ne dico due. Uno è Arma del Vicenza: durante la gara non ti mette in difficoltà ma basta una palla e fa gol. L’altro è Nocciolini del Ravenna, ci ha sempre puniti ed è tra quelli che ho sofferto di più”.

Quando è arrivato il tuo passaggio dalle giovanili alla prima squadra?
“Sono cresciuto nel settore giovanile del Piacenza. Prima ho fatto gli Allievi, poi la Primavera e poi nella rosa della prima squadra a 17 anni con tanto anche di debutto in B. Poi sempre in prima squadra, ero giovane. C’è stato però un brutto infortunio al ginocchio che mi ha tenuto lontano per per un anno e mezzo”.

Quali sono stati i sacrifici maggiori soprattutto quando eri agli inizi?
“Siamo stati tutti giovani e tante volte sarebbe bello uscire al sabato come magari facevano i nostri amici. Ma bisogna fare sacrifici per giocare al calcio e serve farli sotto ogni punto di vista rinunciando a qualcosa a livello di socialità per inseguire il proprio sogno. Unico rammarico vero è la scuola. Non sono riuscito a finirla, fermandomi in quarto superiore e questo è il mio cruccio vero”.

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